nulla è più importante di ciò che sembra insignificante

CECITÀ MORALE E MENZOGNA DEL POTERE

Un quadro può essere anche il ritratto dell’umanità preso in quel preciso momento ma un artista come Botticelli guarda anche all’infinito, forse è proprio questa una chiave interpretativa de “La Calunnia di Apelle”, dove si ha la sensazione di assistere a qualcosa di più che a una scena allegorica: è un ritratto dell’umanità nel suo momento peggiore.
Un sovrano dalle orecchie d’asino ascolta, immobile, la menzogna che gli viene sussurrata. La Verità, nuda e disarmata, è relegata sullo sfondo, lontana dal potere e dal clamore.
Attorno al trono si muovono incarnazioni di vizi antichi: l’Ignoranza che guida, il Sospetto che alimenta la paura, la Calunnia che manipola, il Rimorso che arriva quando tutto è già perduto.
Non c’è nulla di arcaico nella scena rappresentata: è un riflesso del nostro tempo.
Cambiano i costumi, ma la processione resta identica. Il potere continua ad ascoltare ciò che gli conviene, la menzogna si traveste da verità, la folla applaude. E la Verità, ancora una volta, resta nuda. Il corteo silenzioso dei nostri fallimenti morali.
La processione delle colpe
Ignoranza apre il corteo,
ha il volto sereno di chi non vuole sapere.
Dietro di lei cammina Sospetto,
che annusa l’aria come un cane fedele al proprio timore.
Poi arriva Calunnia,
elegante e velenosa, che trasforma l’eco in verità e la verità in scandalo.
Rancore tiene il passo,
nutrendosi dell’ombra che getta sugli altri,
mentre Insidia intreccia le sue mani nel buio,
preparando la scena per Frode,
che indossa il sorriso di chi conosce bene il prezzo della fiducia.
E infine, quando tutto è compiuto,
arriva Rimorso,
tardivo e inutile, a osservare ciò che resta – un mondo che ha scambiato la menzogna per intelligenza, e la verità per follia.
Solo alla fine, quando il rumore si spegne,
resta lei: la nuda verità.
Senza corona, senza difesa, ma con la forza silenziosa di chi non ha più nulla da perdere.

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