LE STANZE BUIE
di Francesca Diotallevi
Il Piemonte ospita una storia di follia, gelosia, amore e morte.
Un vecchio carillon e un’antica tragedia fanno affiorare frammenti di memoria in un vecchio signore che fu un impeccabile maggiordomo dall’ossessivo senso del dovere.
Egli, reduce dal mondo formale ed elegante della Torino postunitaria, permeata dalla passione per magia e spiritismo, ma «…gli spettri, talvolta, siamo noi...», andrà a servire in provincia presso la famiglia patriarcale di un conte rigido ed aspro.
Una moglie che voleva «…altro dalla vita…» rifiuta di essere solo una donna remissiva ed obbediente, rivendicando, con qualche ingenuità, la sua autonomia.
Una bimba di pochi anni.
Altri personaggi di contorno, ciascuno emblema di un modo di essere e qualcuno memore di antichi segreti di famiglia che coinvolgeranno il maggiordomo più di quanto egli avrebbe mai potuto sospettare perché «…non c’è modo di sfuggire a un sentimento lasciato in sospeso…».
Un carillon venduto all’asta farà risuonare melodie di un tempo lontano in una narrazione scorrevole, molto marcata sul carattere dei personaggi e sul rapporto che persone sole possono stabilire con altre di rango diverso, perché «… a una casa vuota si poteva ovviare in molti modi. Era il vuoto dell’anima, quello che non poteva essere riempito…».
Lettura apparentemente leggera, di un racconto che «…inizia con il cigolio di un calesse…» ma, alla fine, «…tutto ciò che resta di un naufragio sono i relitti…».