Sun Ra e il passaporto intergalattico
Sun Ra non apparteneva a questo pianeta.
Non lo dicevano solo i suoi arrangiamenti astratti, i costumi da faraone cosmico o le suite jazz sospese tra swing e psichedelia. Lo diceva lui, con assoluta certezza:
“Io non vengo dalla Terra. Sono nato su Saturno.”
Non era una metafora. Sun Ra ci credeva davvero.
Leader della leggendaria Arkestra, filosofo esoterico, precursore dell’Afrofuturismo e profeta di un jazz interstellare, Sun Ra ha costruito attorno alla sua figura un mito che fluttua tra arte, follia e rivelazione. E uno degli aneddoti più gustosi, e documentati, riguarda un viaggio in Italia, alla fine degli anni ’70.
L’Arkestra era in tour in Europa, una delle tante peregrinazioni tra festival e teatri sperimentali. Alla dogana di Roma, durante il controllo passaporti, succede qualcosa di imprevedibile: Sun Ra si presenta con un documento falso, o meglio… fantastico. Un passaporto intergalattico, con timbri stellari e simboli incomprensibili, realizzato da lui stesso per certificare la sua vera identità cosmica.
I funzionari della dogana, inizialmente spiazzati, gli chiedono spiegazioni. Sun Ra, impassibile, risponde in una lingua inventata, una sorta di idioma cosmico che suonava come una miscela di lingue africane, jazz e suoni onomatopeici. Lo fa con estrema serietà, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Qualcuno ride.
Qualcuno prende tempo.
Qualcuno, forse, inizia a dubitare che davvero non sia terrestre.
Alla fine, con un misto di stupore, ammirazione e divertimento, lo fanno passare. Del resto, come si può fermare un ambasciatore di Saturno?
Ma la scena non finisce lì. Una volta dentro il paese, Sun Ra dichiarò che stava visitando l’Italia non come musicista, ma come esploratore di armonie terrestri, incaricato di studiare il comportamento degli umani attraverso il suono.
E mentre nei teatri italiani si esibiva con la sua Arkestra – tra costumi scintillanti, coreografie rituali, canti ancestrali e improvvisazioni cosmiche – qualcuno continuava a domandarsi:
Ma… e se dicesse la verità?
Perché Sun Ra non era un buffone.
Era un profeta visionario, che usava la fantascienza e la mitologia per parlare di razzismo, di spiritualità, di libertà.
Il suo linguaggio era volutamente alieno, perché il mondo in cui viveva – quello degli afroamericani negli USA del dopoguerra – era troppo stretto, troppo ostile.
Meglio rifondarlo da zero.
Meglio Saturno.
Il suo jazz non seguiva le rotte delle armonie conosciute. Era un viaggio sonoro tra galassie interiori, un rituale per risvegliare coscienze. Il passaporto intergalattico? Solo un’estensione di tutto questo: una dichiarazione d’indipendenza dalla realtà.
Se è vero che ogni jazzista è un viaggiatore, allora Sun Ra lo è stato più di tutti.
Perché non ha mai smesso di cercare suoni che nessuno aveva mai udito.
E forse, da qualche parte nello spazio, il suo passaporto funziona davvero.
Testo di A.V.O.