nulla è più importante di ciò che sembra insignificante

FUORI SPARTITO – N. 1 – THELONIOUS MONK E LE SCARPE CHE SUONAVANO BENE…

Thelonious Monk: le scarpe bucate e il suono dell’anima.

Thelonious Monk non era solo uno dei più grandi innovatori del jazz moderno. Era un personaggio a sé, un poeta del suono, un mistico in completo elegante, un genio imprevedibile che camminava su un filo sottile tra rigore musicale e libertà totale. Durante una tournée in Europa negli anni Sessanta – pare fosse il 1961, in uno dei suoi viaggi più celebri tra Parigi, Copenaghen e Berlino – Monk si presentò giorno dopo giorno con lo stesso paio di scarpe, logore, consumate fino all’inverosimile. Nessuno osava dirgli nulla, ma i suoi collaboratori erano preoccupati: con quel ritmo, le scarpe non sarebbero sopravvissute al tour. Un giorno, uno di loro, con diplomazia, provò a suggerirgli di cambiarle. Monk lo guardò con il suo solito sguardo enigmatico, sorrise appena sotto il cappello, e rispose: “Queste suonano bene con il pianoforte.” Una risposta che dice tutto di lui. Per Monk, ogni cosa aveva una risonanza, una vibrazione interiore. Le scarpe, per quanto logore, facevano parte del suo rituale, del suo equilibrio, forse addirittura del suo sound. Era come se quei passi, quei rumori impercettibili del cuoio usurato contro il palco, contribuissero in qualche modo al groove. Come dire: se anche un dettaglio cambia, l’incantesimo si rompe. Non è difficile crederlo, conoscendo la sua personalità. Monk si muoveva in modo teatrale, a volte si alzava dal piano durante i soli degli altri musicisti e iniziava a ballare in cerchio, assorto, come in trance. Indossava completi vistosi, cappelli eleganti, occhiali da sole anche di notte. Sembrava un personaggio uscito da un sogno surrealista, eppure ogni nota che suonava era profondamente concreta, precisa, tagliente come un diamante. L’aneddoto delle scarpe non è solo buffo: è rivelatore. Ci racconta di un uomo che vedeva il mondo non come un insieme di oggetti, ma come una sinfonia di significati. Dove tutto, anche un paio di scarpe bucate, può essere strumento di musica e poesia.

 

 

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