nulla è più importante di ciò che sembra insignificante

LA TRIONFERÀ

LA TRIONFERÀ

di Massimo Zamboni

Potrebbe sembrare inattuale la pubblicazione di oltre un secolo di storia di Cavriago, paesino della provincia emiliana. Ancora oggi esiste “Piazza Lenin” con tanto di busto posto nel 1906 e frutto di posizioni antagoniste di cui si parlò nel “Grande contraddittorio” del 1910; esso resisterà ai rivolgimenti successivi al 9 novembre del 1989 e ancora oggi fa mostra di sé.

Per conoscere in profondità l’animo di quel popolo e capire il significato di questo libro si può far ricorso a una similitudine mutuata da “Il signore delle formiche”: «quelle creature costituiscono un corpo unico, in cui ciascuno contribuisce al benessere della comunità, senza accampare pretese di superiorità» e, negli umani, arricchito da una bonaria satira con le persone e sulle persone, alle quali, peraltro, si sentono legate da profondo senso d’amicizia. Condizione fatta di giovialità, di buon cibo e buon vino, persone dedite alla fatica del lavoro, ma senza per questo trascurare l’istruzione e la cultura, con l’istituzione di biblioteche e strutture sociali in cui le idee possano circolare libere come il volo gioioso di un fringuello. Ma non solo di condizione godereccia si tratta: essi auspicavano il riformismo propugnato da Prampolini, nel principio che anche i lavoratori hanno diritto alla bellezza espressa dalle arti tanto da organizzare non solo il prestito di libri, ma anche quello di quadri da tenere in casa, pro tempore, goderne la bellezza e, magari, ispirarsi ad essi, in contrasto con i cattolici che valutavano i comunisti «…una massa di tubi digestivi che solo chiedono di essere rimpinzati…», fino a che «…Un decreto del Santo Ufficio del 1949  impone il divieto assoluto di iscrizione ai partiti comunisti, come di pubblicazione, lettura, diffusione di scritti che sostengano la dottrina o la prassi del comunismo. I credenti che avessero trasgredito non sarebbero stati ammessi ai sacramenti, comunione, matrimonio, funerale religioso, anzi sarebbero stati scomunicati come apostati…»: una forma di dittatura basata sul ricatto morale.

Il popolo più attento alla difesa dei diritti civili aveva puntato tutto sulla organizzazione politica che difendeva la parte debole del paese, nella considerazione che democrazia è il contrario della obbedienza cieca e assoluta predicata dai cattolici spesso legati a filo doppio con i potenti. Ma il partito, nell’intero Paese, non sempre scevro dalla presenza di qualche personaggio più attento al proprio interesse, non si è accorto dei mutamenti della società, arroccato su posizioni tradizionali perfino su battaglie sacrosante e, solo perché erano ideate da altri, non andavano appoggiate, salvo poi, talvolta ad attribuirsene il merito. Il popolo gli ha dato torto per il graduale allontanamento dalle esigenze degli ultimi e l’avvicinamento alla cosiddetta classe media, che pure va considerata come tutti i cittadini di ogni condizione, quella stessa che poi sfilerà, talvolta sotto ricatto, con migliaia di giacche e cravatte contro il movimento operaio. Forse può bastare anche la veloce lettura di questa opera, per certi versi avvincente, per capire come le trasformazioni che il tempo porta con sé e le mancate scelte politiche opportune hanno fatto perdere quella condizione di coesione sociale, di fratellanza, di rispetto reciproco, di onestà intellettuale, abbandonando il Paese, con circa la metà di elettori latitanti, da molto, troppo tempo, a personaggi, se possibile, peggiori, dall’ego mostruosamente esagerato, speculatori ignoranti pervasi da pregiudizi e da una monocultura inadeguata alla gestione della res-publica che, oltre il ventennio, si sia mai conosciuta.

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