Bisogna assistere passivamente allo svolgersi della vita o bisogna parteciparvi con senso critico? L’autrice sceglie la seconda via: non si rassegna alla passiva accettazione delle contraddizioni contenute nella narrazione favolistica delle sacre scritture e ne evidenzia alcune partendo dal punto di vista di una persona, come tante, dotata di senso della realtà, alla luce delle vicende personali, ma anche della quotidiana mole di eventi drammatici o tragici poco consoni alla misericordia; situazioni inconciliabili, se confrontate con il “verbo” che tanta parte del clero sciorina come un copione di scarsa qualità, a fronte di domande di giustizia poste da persone semplici, ma anche da chi semplice non è affatto: una sorta di platea che attraversa tutte le condizioni sociali.
È difficile accettare che la propria vita finisca definitivamente dopo una manciata di orbite della Terra intorno alla sua stella, al cospetto della infinità dell’universo datato, secondo scienza, a circa tredici virgola sette miliardi dei nostri anni, molto prima di quello che consideriamo l’anno zero; è facile affidarsi alle descrizioni di presunti accadimenti di appena un paio di millenni fa e al martellante uso di una sorta di ecolalia, un’azione mentale compulsiva: la salmodiante ossessiva ripetizione di rituali, come strumento di autoconvincimento e omelie, come di recente ascoltato in una ricca chiesa frequentata dalla borghesia medio alta, che l’intelletto è frutto di presunzione e quindi bisogna affidarsi alla fede. Mi chiedo se sia stato l’intelletto o altro a suggerire la frase.
Questo libro nonché rappresentazione teatrale, analizza fra toni drammatici e pungente ironia le contraddizioni del dettato religioso. Contraddizioni che toccano, fra l’altro, appunto, il dono della fede: dono elargito a buoni e cattivi. Ma se preghiamo che sia fatta la sua volontà, Dio vuole anche che i cattivi siano cattivi?
Molti punti tocca questo piccolo volume con diversi riferimenti alle scritture, fra cui l’aberrante episodio di Isacco. Esse dicono tutto e il contrario di tutto, ma basta interpretarle a seconda dell’interesse del momento e, se la preghiera non viene esaudita si giostra fra il libero arbitrio degli umani e l’imperscrutabilità del volere divino, con amenità troppo spesso diffuse da «…colti portavoce azzeccagarbugli dello spirito…».
Temi ancora attuali vengono trattati nonostante quest’opera abbia già oltre due decenni: ai sostenitori del mondo religioso e conservatore che rifiutano alcune pratiche di fecondazione bisognerebbe ricordare la vicenda di Sara che diventerà madre grazie ad Agar, la sua serva egiziana che verrà “inseminata” dal padrone di casa in modo per niente artificiale. Possibile che, se veritiero, allora come ora, si coprì quel che oggi definiamo reato sessuale?
Queste ed altre improbabili storie vengono predicate dalla chiesa gerarchica. Giovanna Castellano offrì la sua opera al Papa auspicando: «…la Chiesa deve fare più di quanto non faccia perché l’inquietudine si trasformi in serenità…».
La banale e delegata risposta di tale “G. B. Re, sostituto” fu «…Il Santo Padre ha apprezzato […] i sentimenti…»
Il Santo Padre all’epoca era Giovanni Paolo II; egli fu proclamato santo perché sarebbero stati accertati due miracoli: la guarigione di suor Marie Simon-Pierre Normand dal Parkinson e la guarigione di Floribhet Mora da aneurisma cerebrale. Egli era regnante anche durante il rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori; forse la sua santità sarebbe stata più credibile se le avesse fatte trovare sane e salve o, meglio, avesse impedito il rapimento o, meglio… [omissis].