Una giovane donna, Giulia Tramontano, è stata uccisa dal suo compagno con cui aveva concepito un bambino, ormai prossimo a nascere, settimo mese di gravidanza, e il Governo di questo Paese si prepara a varare misure sempre più restrittive e severe per chi commette questo tipo di reato. Ormai una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo, e le misure restrittive e punitive finora adottate non sono servite a niente, la tendenza resta alta. Cosa fare?
La mia formazione di medico mi suggerisce sempre, per risolvere un qualunque problema, di andare alle cause, altrimenti non risolvo e non guarisco, ma metto ‘pezze’ più o meno medicate sulle ferite che non guariranno. Le cause in questo caso sono ‘culturali’, come tutti affermano, intendendo con questo il minore valore che alle donne viene riconosciuto, da esse stesse per prime. Valore che è inferiore a quello riconosciuto (o attribuito) agli uomini. Si accusano questi uomini assassini di non rispettare le donne che dicono di amare e di considerarle oggetti di loro proprietà. Vero. Però, per poter considerare una persona di mia proprietà, bisogna che io non la veda come una persona, ma come una cosa, o un animale, che può essere impunemente abbandonato in strada, nel migliore dei casi, o ucciso, picchiato, maltrattato, distrutto. Quante volte questi uomini dicono alla propria compagna, o moglie, ‘io ti distruggo’? Fin qui credo che in tanti siano d’accordo e infatti lo sentiamo ripetere in ogni dibattito.
Così come sentiamo dire:” Questi uomini pensano alla donna come una ‘cosa’ di cui sono proprietari e devono imparare a rispettarla come persona!” Come se fosse, il rispetto dell’altro, una cosa che si può ‘insegnare’ ripetendola all’infinito e magari infliggendo ai trasgressori punizioni ‘esemplari’. Non serve a niente dirlo, parlarne; la realtà ce lo dimostra. Servono esempi, almeno uno, ma forte, chiaro, inequivocabile. Un esempio che vada alla radice del male e non al sintomo.
L’esempio appropriato, dato dallo Stato, sarebbe l’attuazione dell’articolo 37 della nostra Costituzione, il quale afferma, nelle prime due frasi: “Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione…” lo ripeto “gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”
Da oltre settant’anni su questo articolo si glissa, e se per lo Stato, attraverso i suoi Governi, le donne hanno meno valore nella retribuzione lavorativa, allora è evidente che hanno meno valore proprio in quanto donne. Questo messaggio molto concreto ed oggettivo arriva a tutti, uomini e donne, e va a confermare tutti gli altri messaggi, più o meno chiari o mascherati, che autorizzano il maschio a ritenersi superiore alla donna e di poterne disporre a suo piacimento. Le donne, a cui si chiede di difendersi dagli uomini narcisisti, quelli che ‘come me e meglio di me non c’è nessuno’ come possono farlo se crescono convinte che questa ‘superiorità’ maschile sia la realtà? Infatti, ogni uomo che incontra in qualunque contesto rappresenta la conferma che realmente vale molto più di lei perché percepisce compensi, a parità di competenze, superiori ai suoi. E quando il superuomo ti fa sentire un ‘niente’, rivalutato solo dal fatto che lui ti degna della sua attenzione, tu ci caschi perché concordi con lui. E poiché sei ‘niente’, o poco più, ecco che, se gli procuri fastidio, lui ti può anche eliminare fisicamente dalla sua vita e dalla tua, come farebbe con un insetto.
Questo ha fatto Alessandro Impagnatiello, e tutti gli uomini come lui, ha eliminato Giulia Tramontano perché la sua presenza lo infastidiva, lo intralciava nei suoi piani. Si era stancato di lei, non voleva impegni e desiderava un’altra donna. Si sarebbe fatta maltrattare Giulia se non avesse avuto questo atavico complesso di inferiorità in quanto donna? aggravato dall’essere meridionale, cosa che lui le faceva pesare e motivo per cui la umiliava, avrebbe considerato ‘normale’ essere disprezzata da lui per questo motivo? La mancata attuazione di quell’articolo 37 della nostra Costituzione, su cui tutti i governi giurano (o spergiurano?) dichiarando di esserle fedeli produce gli effetti devastanti che vediamo. Non lo potremo mai ‘insegnare’ nelle scuole o nelle famiglie il rispetto delle donne finché questo rispetto non si concretizza in una parità di trattamento economico in tutte le istituzioni, pubbliche e private, perché non è con le parole che si insegna qualcosa ma con l’esempio, e l’esempio è costituito da azioni concrete, altrimenti stiamo solo facendo finta di voler provvedere alla soluzione di un problema. Una finzione che produce uccisione di donne, orfani, poiché il più delle volte si tratta di madri, e spese a carico dello Stato, per la detenzione, per i processi, ossia soldi che meglio potrebbero essere impiegati aumentando gli stipendi delle donne equiparandoli a quelli dei loro colleghi maschi. Da oltre settant’anni questa misura di giustizia e di civiltà attende di essere realizzata in un Paese che ritiene di essere, appunto, ‘civile’, ma non lo è, perché discrimina e svaluta la donna mentre sopravvaluta l’uomo.
Non è il caso di meravigliarsi se poi entrambi si comportano di conseguenza. Il sostegno alle donne va dato prima che si facciano ammazzare da uomini da cui credono di essere amate, non dopo, non quando sono già in pericolo, non quando sono già morte. Attuiamo l’articolo 37 della Costituzione retribuendo, a parità di qualifica e di mansione, le donne allo stesso modo degli uomini, e questo aumenterà la loro autostima, senza per questo toglierla agli uomini, che, se sono davvero tali, non hanno bisogno di mettersi un gradino sopra a nessuno, tanto meno rispetto a una donna, che è per sua natura diversa, ma non inferiore, Diversa. Però se fa un lavoro che al suo collega maschio porta un compenso X, quel compenso deve essere attribuito anche a lei, alla pari. Dimostri questo Governo, guidato da una donna, di voler rispettare concretamente le donne, tutte le donne. Dica forte e chiaro di avere un grande rispetto delle donne, ne riconosce il valore e non le discrimina, trattandole in modo diverso rispetto agli uomini, e può dirlo solo in un modo: Applicando finalmente dopo oltre 70 anni l’articolo 37. “Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”.
QUANTE GIULIA DEVONO ANCORA MORIRE PRIMA CHE…?
Una giovane donna, Giulia Tramontano, è stata uccisa dal suo compagno con cui aveva concepito un bambino, ormai prossimo a nascere, settimo mese di gravidanza, e il Governo di questo Paese si prepara a varare misure sempre più restrittive e severe per chi commette questo tipo di reato. Ormai una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo, e le misure restrittive e punitive finora adottate non sono servite a niente, la tendenza resta alta. Cosa fare?
La mia formazione di medico mi suggerisce sempre, per risolvere un qualunque problema, di andare alle cause, altrimenti non risolvo e non guarisco, ma metto ‘pezze’ più o meno medicate sulle ferite che non guariranno. Le cause in questo caso sono ‘culturali’, come tutti affermano, intendendo con questo il minore valore che alle donne viene riconosciuto, da esse stesse per prime. Valore che è inferiore a quello riconosciuto (o attribuito) agli uomini. Si accusano questi uomini assassini di non rispettare le donne che dicono di amare e di considerarle oggetti di loro proprietà. Vero. Però, per poter considerare una persona di mia proprietà, bisogna che io non la veda come una persona, ma come una cosa, o un animale, che può essere impunemente abbandonato in strada, nel migliore dei casi, o ucciso, picchiato, maltrattato, distrutto. Quante volte questi uomini dicono alla propria compagna, o moglie, ‘io ti distruggo’? Fin qui credo che in tanti siano d’accordo e infatti lo sentiamo ripetere in ogni dibattito.
Così come sentiamo dire:” Questi uomini pensano alla donna come una ‘cosa’ di cui sono proprietari e devono imparare a rispettarla come persona!” Come se fosse, il rispetto dell’altro, una cosa che si può ‘insegnare’ ripetendola all’infinito e magari infliggendo ai trasgressori punizioni ‘esemplari’. Non serve a niente dirlo, parlarne; la realtà ce lo dimostra. Servono esempi, almeno uno, ma forte, chiaro, inequivocabile. Un esempio che vada alla radice del male e non al sintomo.
L’esempio appropriato, dato dallo Stato, sarebbe l’attuazione dell’articolo 37 della nostra Costituzione, il quale afferma, nelle prime due frasi: “Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione…” lo ripeto “gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”
Da oltre settant’anni su questo articolo si glissa, e se per lo Stato, attraverso i suoi Governi, le donne hanno meno valore nella retribuzione lavorativa, allora è evidente che hanno meno valore proprio in quanto donne. Questo messaggio molto concreto ed oggettivo arriva a tutti, uomini e donne, e va a confermare tutti gli altri messaggi, più o meno chiari o mascherati, che autorizzano il maschio a ritenersi superiore alla donna e di poterne disporre a suo piacimento. Le donne, a cui si chiede di difendersi dagli uomini narcisisti, quelli che ‘come me e meglio di me non c’è nessuno’ come possono farlo se crescono convinte che questa ‘superiorità’ maschile sia la realtà? Infatti, ogni uomo che incontra in qualunque contesto rappresenta la conferma che realmente vale molto più di lei perché percepisce compensi, a parità di competenze, superiori ai suoi. E quando il superuomo ti fa sentire un ‘niente’, rivalutato solo dal fatto che lui ti degna della sua attenzione, tu ci caschi perché concordi con lui. E poiché sei ‘niente’, o poco più, ecco che, se gli procuri fastidio, lui ti può anche eliminare fisicamente dalla sua vita e dalla tua, come farebbe con un insetto.
Questo ha fatto Alessandro Impagnatiello, e tutti gli uomini come lui, ha eliminato Giulia Tramontano perché la sua presenza lo infastidiva, lo intralciava nei suoi piani. Si era stancato di lei, non voleva impegni e desiderava un’altra donna. Si sarebbe fatta maltrattare Giulia se non avesse avuto questo atavico complesso di inferiorità in quanto donna? aggravato dall’essere meridionale, cosa che lui le faceva pesare e motivo per cui la umiliava, avrebbe considerato ‘normale’ essere disprezzata da lui per questo motivo? La mancata attuazione di quell’articolo 37 della nostra Costituzione, su cui tutti i governi giurano (o spergiurano?) dichiarando di esserle fedeli produce gli effetti devastanti che vediamo. Non lo potremo mai ‘insegnare’ nelle scuole o nelle famiglie il rispetto delle donne finché questo rispetto non si concretizza in una parità di trattamento economico in tutte le istituzioni, pubbliche e private, perché non è con le parole che si insegna qualcosa ma con l’esempio, e l’esempio è costituito da azioni concrete, altrimenti stiamo solo facendo finta di voler provvedere alla soluzione di un problema. Una finzione che produce uccisione di donne, orfani, poiché il più delle volte si tratta di madri, e spese a carico dello Stato, per la detenzione, per i processi, ossia soldi che meglio potrebbero essere impiegati aumentando gli stipendi delle donne equiparandoli a quelli dei loro colleghi maschi. Da oltre settant’anni questa misura di giustizia e di civiltà attende di essere realizzata in un Paese che ritiene di essere, appunto, ‘civile’, ma non lo è, perché discrimina e svaluta la donna mentre sopravvaluta l’uomo.
Non è il caso di meravigliarsi se poi entrambi si comportano di conseguenza. Il sostegno alle donne va dato prima che si facciano ammazzare da uomini da cui credono di essere amate, non dopo, non quando sono già in pericolo, non quando sono già morte. Attuiamo l’articolo 37 della Costituzione retribuendo, a parità di qualifica e di mansione, le donne allo stesso modo degli uomini, e questo aumenterà la loro autostima, senza per questo toglierla agli uomini, che, se sono davvero tali, non hanno bisogno di mettersi un gradino sopra a nessuno, tanto meno rispetto a una donna, che è per sua natura diversa, ma non inferiore, Diversa. Però se fa un lavoro che al suo collega maschio porta un compenso X, quel compenso deve essere attribuito anche a lei, alla pari. Dimostri questo Governo, guidato da una donna, di voler rispettare concretamente le donne, tutte le donne. Dica forte e chiaro di avere un grande rispetto delle donne, ne riconosce il valore e non le discrimina, trattandole in modo diverso rispetto agli uomini, e può dirlo solo in un modo: Applicando finalmente dopo oltre 70 anni l’articolo 37. “Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”.
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