A guardare le fiction che da anni le televisioni ci propinano (e noi, molto più telecomandati del televisore, seguiamo), mi sono convinta che tutta la realtà dalla quale sembrava io fossi circondata, è una realtà virtuale; e allora ho dovuto rivedere il modo di vivere la mia giornata-tipo e ho dovuto mettere in atto specifici accorgimenti a cui finora non avevo dato peso né importanza.
Intanto, pensate un po’, ero abituata ad usare la sveglia per alzarmi dal letto in orario, ma ora non la uso più: so con certezza che già di primo mattino qualche accoltellamento o sparatoria e conseguenti urla disperate, mi sveglieranno ed io, senza nemmeno chiedermi cosa sia effettivamente accaduto, comincio a preparami per uscire; giusto il tempo di fare la doccia (eh sì, perché se questo Vesuvio non si decide a lavarci col fuoco, dobbiamo provvedere con metodi tradizionali e nordicamente evoluti) e arriva l’auto della Polizia a sirene spiegate. Mi affaccio al balcone e noto, con un certo stupore, che sul luogo del misfatto sono tutti calmi, nessuno si agita, nessuno fa capannello e penso: ormai lo sanno tutti, a Napoli ci si sveglia sempre grazie al fracasso delinquenziale!
Solo una donna, affacciata alla finestra, chiede: “Titina, ma ch’è stato?”, risponde l’interpellata che si trova in prossimità del luogo del misfatto: “Niente Carme’, stanno facenne nu film, ’a Polizia è ffinta”. “Ah, e manco ’a fernescene lloro e sti film! Vabbè, bona jurnata”, conclude la donna richiudendo la finestra: un evento troppo di routine per meritare la sua attenzione.
Rientro in casa e continuo a preparami, ma stavolta vado oltre le solite cose; infatti, tenendo bene a mente le fiction e qualche scrittore sciacallo, prendo una pistola che trovo in cucina, nel cassetto delle posate e, accertandomi che sia carica, la infilo nella borsa, ma poi ci ripenso: poiché quando esco, nel giro di due o tre minuti, certamente mi scipperanno la borsa, è meglio che la infili nella tasca dei jeans. Poi prendo gli altri accessori che è necessario io porti con me per poter disegnare il prototipo che tutti si aspettano, quindi prendo un mandolino (in casa ne abbiamo sempre qualcuno appeso all’attaccapanni dell’ingresso), un coltello a punta e una mela (per giustificare il possesso del coltello è sempre meglio avere un oggetto che ne preveda l’uso); e, infine, la cosa più importante: aprire l’app Youtube, trovare “canzoni neomelodiche” e alzare al massimo il volume dello smartphone perché nessuno possa mai pensare che preferirei ascoltare musica jazz. Ora sono pronta, se dovessi incontrare una troupe televisiva, devo solo ricordare di essere accigliata, di parlare in dialetto sguaiato, e di dichiarare: “E che vi devo dire? A Napoli è tutto nu schifo. Ma di quale televisione siete? Ma mi fate vedere o mi scancellate?”
All’ora di pranzo, per compiacere qualche altra troupe che certamente circola per Napoli con il preciso scopo di non raccontare mai una verità, mi reco nella più banale e pubblicizzata pizzeria napoletana e ordino una Margherita; non sarebbe la mia preferita, ma mi devo adeguare sennò cosa racconta la troupe?
Arriva l’ora del caffè e, sebbene sia del tutto evidente che mi posso ancora permettere di acquistare un caffè, devo chiedere se sia disponibile un “caffè sospeso” e la troupe sarà felice di riferire che a Napoli sfruttiamo tutto, anche un caffè al bar.
Mi avvio per ritornare verso casa e, ovviamente, vengo intercettata da un’altra troupe, l’oca giuliva che sceglie i soggetti da intervistare, mi si avvicina e chiede: “Come mai lei si trova per strada a quest’ora del pomeriggio? Non dovrebbe essere al lavoro?”
Se avessi voluto rispondere dicendo la verità, avrei detto: “Intanto, non sarebbero fatti tuoi, comunque sono gentile e ti rispondo: ho utilizzato un giorno dalle mie ferie perché avevo delle commissioni da sbrigare”, ma l’avrei delusa e l’oca giuliva non sarebbe stata soddisfatta e allora, per renderla ancora più giuliva, le rispondo: “Signorina, ma voi non lo sapete che a Napoli il lavoro buono non c’è? Ci vogliono solo far faticare e darci pochi soldi, allora mi prendo il reddito di cittadinanza e faccio qualcosa in nero. Ma di quale televisione siete? Ma mi fate vedere o mi scancellate?”
Ecco il risultato di fiction da quattro soldi, di scrittori sciacalli, di giornalismo prezzolato.
NAPOLI E LE FINZIONI (FICTION)
A guardare le fiction che da anni le televisioni ci propinano (e noi, molto più telecomandati del televisore, seguiamo), mi sono convinta che tutta la realtà dalla quale sembrava io fossi circondata, è una realtà virtuale; e allora ho dovuto rivedere il modo di vivere la mia giornata-tipo e ho dovuto mettere in atto specifici accorgimenti a cui finora non avevo dato peso né importanza.
Intanto, pensate un po’, ero abituata ad usare la sveglia per alzarmi dal letto in orario, ma ora non la uso più: so con certezza che già di primo mattino qualche accoltellamento o sparatoria e conseguenti urla disperate, mi sveglieranno ed io, senza nemmeno chiedermi cosa sia effettivamente accaduto, comincio a preparami per uscire; giusto il tempo di fare la doccia (eh sì, perché se questo Vesuvio non si decide a lavarci col fuoco, dobbiamo provvedere con metodi tradizionali e nordicamente evoluti) e arriva l’auto della Polizia a sirene spiegate. Mi affaccio al balcone e noto, con un certo stupore, che sul luogo del misfatto sono tutti calmi, nessuno si agita, nessuno fa capannello e penso: ormai lo sanno tutti, a Napoli ci si sveglia sempre grazie al fracasso delinquenziale!
Solo una donna, affacciata alla finestra, chiede: “Titina, ma ch’è stato?”, risponde l’interpellata che si trova in prossimità del luogo del misfatto: “Niente Carme’, stanno facenne nu film, ’a Polizia è ffinta”. “Ah, e manco ’a fernescene lloro e sti film! Vabbè, bona jurnata”, conclude la donna richiudendo la finestra: un evento troppo di routine per meritare la sua attenzione.
Rientro in casa e continuo a preparami, ma stavolta vado oltre le solite cose; infatti, tenendo bene a mente le fiction e qualche scrittore sciacallo, prendo una pistola che trovo in cucina, nel cassetto delle posate e, accertandomi che sia carica, la infilo nella borsa, ma poi ci ripenso: poiché quando esco, nel giro di due o tre minuti, certamente mi scipperanno la borsa, è meglio che la infili nella tasca dei jeans. Poi prendo gli altri accessori che è necessario io porti con me per poter disegnare il prototipo che tutti si aspettano, quindi prendo un mandolino (in casa ne abbiamo sempre qualcuno appeso all’attaccapanni dell’ingresso), un coltello a punta e una mela (per giustificare il possesso del coltello è sempre meglio avere un oggetto che ne preveda l’uso); e, infine, la cosa più importante: aprire l’app Youtube, trovare “canzoni neomelodiche” e alzare al massimo il volume dello smartphone perché nessuno possa mai pensare che preferirei ascoltare musica jazz. Ora sono pronta, se dovessi incontrare una troupe televisiva, devo solo ricordare di essere accigliata, di parlare in dialetto sguaiato, e di dichiarare: “E che vi devo dire? A Napoli è tutto nu schifo. Ma di quale televisione siete? Ma mi fate vedere o mi scancellate?”
All’ora di pranzo, per compiacere qualche altra troupe che certamente circola per Napoli con il preciso scopo di non raccontare mai una verità, mi reco nella più banale e pubblicizzata pizzeria napoletana e ordino una Margherita; non sarebbe la mia preferita, ma mi devo adeguare sennò cosa racconta la troupe?
Arriva l’ora del caffè e, sebbene sia del tutto evidente che mi posso ancora permettere di acquistare un caffè, devo chiedere se sia disponibile un “caffè sospeso” e la troupe sarà felice di riferire che a Napoli sfruttiamo tutto, anche un caffè al bar.
Mi avvio per ritornare verso casa e, ovviamente, vengo intercettata da un’altra troupe, l’oca giuliva che sceglie i soggetti da intervistare, mi si avvicina e chiede: “Come mai lei si trova per strada a quest’ora del pomeriggio? Non dovrebbe essere al lavoro?”
Se avessi voluto rispondere dicendo la verità, avrei detto: “Intanto, non sarebbero fatti tuoi, comunque sono gentile e ti rispondo: ho utilizzato un giorno dalle mie ferie perché avevo delle commissioni da sbrigare”, ma l’avrei delusa e l’oca giuliva non sarebbe stata soddisfatta e allora, per renderla ancora più giuliva, le rispondo: “Signorina, ma voi non lo sapete che a Napoli il lavoro buono non c’è? Ci vogliono solo far faticare e darci pochi soldi, allora mi prendo il reddito di cittadinanza e faccio qualcosa in nero. Ma di quale televisione siete? Ma mi fate vedere o mi scancellate?”
Ecco il risultato di fiction da quattro soldi, di scrittori sciacalli, di giornalismo prezzolato.
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