nulla è più importante di ciò che sembra insignificante

PERDONATE, SIGNORE, QUESTA È LA MIA PATRIA!

INTRODUZIONE

Questo lavoro, o per meglio dire questa indagine, parte da un assunto di base, di cui sono profondamente convinta: nessuno nasce violento, ma tutti possiamo diventarlo. Abbiamo tutti una dotazione di varie potenzialità, che hanno bisogno di essere coltivate per esprimersi, e questo dipende dall’ambiente, umano e culturale, in cui a ciascuno di noi accade di nascere. Questo vale sia per la dotazione fisica, che per la dotazione psichica. Posso avere un corredo genetico stupendo e nascere in un paese senza acqua, senza cibo e medicine, la mia vita non supererà l’età infantile, svilupperò invece tutta la bellezza contenuta nel mio DNA se nasco in un paese ricco in cui riceverò tutto quello che mi serve. A livello psicologico non è differente, e perdonatemi la semplificazione, ma è esattamente come diceva mia nonna, una donna semplice e saggia: “Ciò che metti trovi”. Nel senso che abbiamo tutti la stessa quantità di sentimenti nella loro vasta gamma che va dall’amore all’odio, che aspettano di esprimersi, a patto di essere ‘coltivati’, e questo dipende nuovamente dall’ambiente, ossia da chi si occupa del bambino. Dal nutrimento emotivo che riceviamo dipende il destino del nostro patrimonio emozionale di base, esattamente come accade al corpo. Siamo, in tutti i sensi, ciò che ‘mangiamo’. Nutriti con amore saremo capaci di amare.

Quindi in questo libro, ciò che i fatti storici ci dicono è stato da me assimilato a quanto un paziente mi direbbe. Diciamo che il mio paziente è una parte della nostra storia, con i suoi protagonisti principali, il Regno Delle Due Sicilie e il Regno di Sardegna; il paziente mi racconta i fatti della sua vita, i suoi conflitti, i suoi dolori: il mio compito è di aiutarlo a capire, affinché attraverso di me possa conoscere le ragioni profonde per cui quei fatti sono accaduti. Tocca a me comprendere, dal suo racconto, come è stato nutrito emozionalmente da parte di chi si è occupato di lui, e aiutarlo a prenderne coscienza, poiché, essendo avvenuto in epoca molto precoce, non ne è consapevole, anche se tutto è registrato dentro di lui e parla attraverso i suoi comportamenti, le sue scelte, il suo modo di essere. Finché le radici del suo modo di essere attuale gli restano ignote, sepolte nell’inconscio, non può intervenire per cambiare qualcosa, se vuole cambiare. Solo dopo esserne diventato consapevole, può decidere se lavorare su di sé per modificare il suo assetto interiore. Questo però non dipende da me, ma da lui, dal mio paziente.

Aggiungo che parleremo anche di pedagogia e faremo riferimento ad una forma di essa che Katharina Rutschky ha definito Pedagogia Nera, sfuggita all’attenzione di tutti finché lei non se ne è occupata, pedagogia che, a suo avviso, nasce con l’Illuminismo, sintetizzabile nel principio che ‘ti faccio del male per farti del bene, e lo faccio per il tuo bene, ma tu non dovrai saperlo’.

I miei punti di riferimento teorico-psicoanalitico sono Alice Miller, che si è avvalsa della Pedagogia Nera per leggere il nazismo e la figura di Hitler, per cercare quindi le radici della violenza, e Donald W. Winnicott, psicoanalista e pediatra che si è occupato dello sviluppo della personalità, da lui definita Falso Sé, come conseguenza di una mancata, o carente, accettazione dei bisogni infantili da parte del suo ‘ambiente’ che è rappresentato da chi si occupa di lui.

Confesso che il mio vero paziente, in realtà, è il Sud, quello di cui sento tutta la sofferenza, quello che oggi funge da colonia interna del Paese Italia, ex Regno Borbonico, che porta in sé il suo nemico, il Piemonte che lo invase annettendolo e soggiogandolo.

In ogni individuo che mi interpella c’è sempre il desiderio di smettere di soffrire a causa di un conflitto interno tra ciò che veramente vorrebbe e ciò che invece si trova a realizzare, diverso da quello che vuole. Dopo vari tentativi infruttuosi di risolvere il problema, chiede aiuto, perché quando non riusciamo a risolvere da soli, ci rendiamo conto che esiste un ‘quid’ che sfugge alla nostra coscienza e alla nostra volontà, come un punto dietro la nuca, che non riusciamo a vedere senza l’aiuto di due specchi: ciò che da soli non riusciamo a vedere è l’inconscio. Io sono il secondo specchio, quello che vede la nuca e ne rimanda l’immagine nel primo: nello specchio che il soggetto può vedere con i suoi occhi, e in questo modo può conoscere quella parte di sé che sa di avere, ma a cui da solo non riesce ad accedere. Come per tutti noi, è normale che sia così. Dunque in questo mio lavoro noterete che sono piuttosto ‘di parte’, come sono sempre stata nel lavoro di tutta la mia vita, sono sempre stata dalla parte del paziente che soffre, dalla parte del suo sé stesso autentico oppresso da…un’altra parte sempre di sé stesso, ma in contrasto. Si può essere super partes in questo lavoro? No, non si può, perché la persona che viene a chiedermi aiuto, come disse una signora al mio maestro virtuale Winnicott, ha fatto fino a quel momento da balia al suo bambino interiore bisognoso di aiuto e si fiderà di noi solo se avvertirà che noi siamo dalla parte del suo bambino nascosto e in attesa, disponibili a sostenerlo per permettergli, finalmente, di esistere, ed essere sé stesso. Quella signora riuscì a dire questo a Winnicott perché aveva capito di avere trovato la persona giusta, che stava ‘dalla parte del suo bambino’ che lei aveva custodito intatto dentro di sé.

Vi racconto quindi com’è nata l’idea di questo libro.

Buona lettura!

Condividi Articolo

Continua a leggere

Articoli simili

GLI OMICIDI AL NORD

A Paderno Dugnano, nel “virtuoso” Nord si è verificato l’ultimo omicidio in famiglia e ancora nessuno si interroga sui motivi di questo gesto legati e

RAPINA A NERES – IO NON CHIEDO SCUSA

Eccovi qua, tutti pronti ad inginocchiarvi e pentirvi di fronte al vostro padrone, il civilissimo Nord! Vi siete affrettati a diffondere video, articoli, post, interventi

IL MONDO ARIDO E DISUMANO

Non ce la faccio più! L’angoscia sale e le sciocchezze prendono il sopravvento. Che mondo abbiamo creato noi, che tra una foto con la quale