Debutto su Blue Note per il trombettista di Baltimora: un disco-manifesto che respira amore, radici e visioni future
C’è qualcosa di sacro, e al tempo stesso di urbano, in questo primo lavoro di Brandon Woody, giovane trombettista di Baltimora classe 1998. For the Love of It All è il suo disco d’esordio, ed è anche una dichiarazione d’intenti: un album che si muove tra spiritualità e memoria, che affonda le radici nell’identità afroamericana e restituisce al jazz la sua funzione originaria di rito collettivo. Più che una raccolta di brani, è un’esperienza di appartenenza.
Registrato con la “sua” band Upendo (Upendo è una parola swahili che significa amore, e in varie interviste il trombettista ha spiegato che ha voluto richiamare l’idea di amore collettivo, comunità e fratellanza, temi centrali dell’album), il disco si apre con “Never Gonna Run Away“, una sorta di mantra costruito intorno all’idea di fede come resistenza. L’introduzione di piano e organo è un respiro dolce, quasi mistico, su cui si intrecciano voce e contrappunto ritmico. Woody non ha fretta: lascia che la melodia si costruisca per accumulo, come se ogni nota fosse una scelta consapevole, un passo in avanti verso la verità. L’atmosfera è quella di una domenica mattina in chiesa, ma il tono è profondamente personale: il gospel è qui trasformato in una pratica dell’anima e il valore aggiunto della voce di Imani-Grace lo fa diventare quasi un mantra.
Il cuore del disco pulsa forte anche nei brani centrali, in cui emerge il rapporto profondo con la città natale. “Beyond the Reach of Our Eyes” nasce – racconta Woody – sulle soglie di casa, tra il rumore del quartiere e le note di un vecchio pianoforte ereditato. È un brano che attraversa il tempo, costruito su incastri ritmici imprevedibili, in cui si avverte il desiderio di dare forma all’invisibile: le energie che ci legano, i legami tra generazioni, le assenze che continuano a parlare. Anche “Wisdom; Terrace on St. Paul St.” lavora sul confine tra memoria e presente: suoni ovattati, come provenienti da una radio dimenticata, ci catapultano in una dimensione sospesa tra passato familiare e futuro da immaginare. Woody affida alla musica il compito di ricostruire le fratture della storia, di riscoprire radici negate e custodire le presenze invisibili degli antenati.
Il disco non rinuncia a momenti più fisici, dove l’interplay tra i musicisti emerge con maggiore evidenza, come in “Perseverance“, traccia nata in studio da una jam tra Woody e il pianista Troy Long. È qui che il groove incontra la spiritualità, in una danza dove si percepisce la fatica, la ripetizione, la dedizione artigianale del suonare insieme. Un brano che cattura il percorso di questi musicisti: sette anni di concerti, prove, e una fratellanza maturata nel tempo.
Il vertice emotivo arriva con “We, Ota Benga“, brano ispirato alla vicenda dimenticata di Ota Benga, giovane congolese esibito in una gabbia dello zoo del Bronx nel 1904. Qui la musica si fa racconto e restituzione, un atto di giustizia sonora che vuole ridare voce, spessore e umanità a una storia tragica. La costruzione del brano è cinematografica: si parte da un tema limpido, pieno, che evoca la dignità primordiale del protagonista, prima della cattura e della violenza coloniale. Poi la tensione cresce, si stratifica, esplode e infine si dissolve, lasciando spazio a un silenzio che pesa come memoria.
Chiude l’album “Real Love, Pt. 1“, summa del progetto. Un brano che racconta la fiducia, l’ascolto reciproco, l’amore come gesto radicale. C’è dentro tutto: la complicità tra Woody e Long, l’energia elettrica di Vittorio Stropoli al synth, le spirali ritmiche di Phillips, e quella voce di tromba, sempre intensa ma mai invadente, che guida senza imporsi. È un finale che non chiude, ma rilancia. Il cerchio non si chiude perché l’amore – questo ci suggerisce Woody – è movimento perpetuo.
In questo primo album su Blue Note, Brandon Woody mostra già un’identità forte, un’urgenza autentica. È un jazz spirituale, ma non mistico: con i piedi ben piantati nella terra e lo sguardo rivolto verso ciò che ci unisce. Ogni brano è attraversato da una tensione etica, da un’energia collettiva che trasforma la vulnerabilità in linguaggio e la memoria in visione. For the Love of It All è un album che non racconta una carriera: racconta un’appartenenza. E ci invita ad ascoltare con il cuore aperto.
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Titolo: For the Love of It All
Artista: Brandon Woody
Etichetta: Blue Note Records
Data di pubblicazione: 9 maggio 2025
Formati: Digitale hi-res, CD, Vinile LP
Durata: 44 minuti circa
Produzione: Brandon Woody & Blue Note team
Formazione:
- Brandon Woody – tromba, composizioni
- Troy Long – piano, organo, Rhodes, tastiere
- Michael Saunders – contrabbasso
- Quincy Phillips – batteria
Ospiti:
- Imani‑Grace – voce su “Never Gonna Run Away”
- Vittorio Stropoli – aux synth su “Real Love, Pt. 1”