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FUORI TEMPO – N. 6 – “Late Night Jazz” – Chet Baker, il canto finale

Registrato a Parigi nel febbraio 1988, pochi mesi prima della sua morte, Late Night Jazz è uno degli ultimi documenti sonori di Chet Baker. La ristampa Elemental Music lo riporta alla luce con una nuova dignità sonora e una struggente aura crepuscolare.

 

Ci sono dischi che brillano per invenzione e altri per energia. Late Night Jazz, invece, arriva in silenzio, con passo lieve, e resta nella memoria come un’ombra dolce e persistente. Registrato a Parigi nel febbraio del 1988, pochi mesi prima della tragica e misteriosa morte di Chet Baker ad Amsterdam, questo album è tra le sue ultime testimonianze. Ora, grazie alla curatissima ristampa internazionale firmata Elemental Music, può finalmente essere riascoltato nella qualità che merita.

 

Il titolo non mente: Late Night Jazz è davvero un disco da ascoltare di notte. Non per forza tardi, ma nel momento in cui le difese si abbassano, e ci si prepara a sentire davvero. Baker non è più il virtuoso iconico degli anni ’50, ma un poeta disarmato, che con poche note riesce ancora a evocare un mondo. La sua tromba è sfiatata, fragile, ma ogni frase porta con sé una storia. La voce compare una sola volta, in una versione dimessa e tenerissima di How High the Moon: un sussurro più che un canto.

 

Il repertorio è sorprendentemente vario. Accanto a standard immortali (Skylark, Body and Soul, My Foolish Heart), troviamo brani meno battuti come The Bird from Kapingamarangi, composizioni originali (The Ballad of Buttersmile, Children’s Waltz) e perfino un piccolo omaggio alla Norvegia con Blåmann, Blåmann, ninna nanna nordica densa di nostalgia. Ogni pezzo è affrontato con lo stesso spirito: nessuna rincorsa tecnica, nessun compiacimento, solo un’urgenza sottile e piena di grazia.

 

Il quartetto che accompagna Baker è perfettamente bilanciato. Il tocco delicato e visionario di Philip Catherine alla chitarra dialoga alla pari con il pianoforte elegante di Egil Kapstad, mentre Terje Venaas al contrabbasso fornisce profondità e ritmo senza mai invadere. È una musica fatta di sottrazione e attenzione. Si respira, si aspetta, si lascia andare.

 

La qualità della nuova edizione rende finalmente giustizia a queste sessioni. Il vinile analogico stampato su 180 grammi è profondo, avvolgente, pieno di dettaglio. Il CD UHQ, dal canto suo, regala un ascolto nitido e fedele anche sui lettori tradizionali. Il booklet incluso è ricco di immagini rare e testi scritti con rispetto, senza retorica.

 

Le alternate takes, come quella di Makin’ Whoopee o If You Could See Me Now, sono frammenti preziosi che rivelano l’aspetto più vulnerabile e artigianale del Chet Baker degli ultimi anni. Ogni take è diversa, ogni frase è un tentativo: non di perfezione, ma di verità.

 

Late Night Jazz non è un testamento. È un saluto.

È Chet che si allontana lentamente, suonando con la voce rotta ma l’anima limpida.

Un addio in levare, senza clamore.

E proprio per questo, indimenticabile.

 

Testo di A.V.O.

 

  • Titolo: Late Night Jazz
  • Artista: Chet Baker
  • Registrazione: 17 – 18 febbraio 1988, Sysmo Studio, Parigi
  • Prima pubblicazione: fine anni ’80, solo in Norvegia
  • Ristampa internazionale: 2024 (Elemental Music)
  • Etichetta: Hot Club Records
  • Formati: vinile 180g (gatefold), CD UHQ in digipack
  • Audio: rimasterizzazione analogica dai nastri originali (Matthew Lutthans – The Mastering Lab)
  • Contenuti extra: booklet di 12 pagine con saggi di Jon Larsen e Brian Morton + foto inedite
  • Formazione:
Chet Baker (tromba, voce in How High the Moon) – Philip Catherine (chitarra) – Egil Kapstad (pianoforte) – Terje Venaas (contrabbasso)

Tracce: 16, inclusi 3 alternate takes

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